Scostamento del costo del lavoro da quello indicato nelle tabelle ministeriali

Published 30 Luglio 2014 09:20

La dissonanza tra il costo del lavoro indicato in offerta e quello delle tabelle ministeriali non implica automaticamente un giudizio di anomalia

Il T.A.R. Campania con la sentenza n. 3819 del 2014 si è pronunciato sul ricorso proposto da una società resasi in un primo momento aggiudicataria provvisoria di una gara d’appalto ma successivamente esclusa dalla stessa avendo la Stazione appaltante ritenuto la sua offerta complessivamente non attendibile e congrua, in particolare in relazione al costo del lavoro indicato in essa.

La ricorrente, a sostegno del suo ricorso, ha invocato quel filone giurisprudenziale per il quale i valori del costo del lavoro risultanti dalle tabelle ministeriali costituiscono non già un limite inderogabile, ma solo un parametro per valutare la congruità, sostenibilità ed affidabilità dell’offerta nel suo complesso: essendo stato, dunque, il costo del lavoro indicato in offerta giustificato dalla stessa ricorrente esso, a suo avviso, era da ritenersi congruo.

Il T.A.R., dopo aver dato atto che “i valori del costo del lavoro risultanti dalle tabelle ministeriali non costituiscono un limite inderogabile … di modo che l’eventuale scostamento da tali parametri delle relative voci di costo non legittima ex se un giudizio di anomalia, potendo essere accettato quando risulti puntualmente (e rigorosamente) giustificato”, ha respinto il ricorso prendendo atto che le giustificazioni fornite dalla ricorrente alla Stazione appaltante onde comprovare la congruità delle voci di costo non erano affatto convincenti.

Di talchè il Giudice amministrativo ha confermato che il giudizio di inaffidabilità formulato dalla Stazione appaltante non era viziato dai profili di manifesta illogicità, errore di fatto o insufficiente motivazione i quali soli consentirebbero la sindacabilità giurisdizionale delle valutazioni compiute sull’anomalia dell’offerta.

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